Azienda, Sport e Mental Training = 3 fattori Vincenti

Durante il periodo estivo, ma non solo, molte società sportive (in primis quelle di calcio) gettano le basi della loro stagione futura.

A volte lo fanno a corto termine e senza una vera prospettiva di crescita, in termini interni. Per lo più sono motivate dalla volontà di fare meglio dell’anno precedente.
Questo a tutti i livelli, indistintamente.

Poi e spesso il risultato è diametralmente opposto. Tant’è che l’equazione “investimento – ricavo” è sempre sbilanciata e tende ai costi più che ai benefici. E questo si concretizza nel mancato raggiungimento degli obiettivi  (in questo caso “aziendali”) che per talune potrebbero tramutarsi nel non essere promosse o, nella situazione peggiore, in una retrocessione.

Ecco il primo, grande, elemento che accomuna aziende / società legate allo sport a quelle puramente industriali / economiche: il “profitto” e con esso il primo errore di principio, ossia equiparare il profitto unicamente in termini di denaro.

Pochi pensano alla propria azienda in termini di cultura aziendale e quindi di organizzazione umana. Molti, per contro, lo fanno ancora considerando che la fonte di guadagno stia unicamente negli asset tangibili e che solo questi debbano essere misurati e valorizzati. Mentre quelli intangibili no. Insomma, è come se sostenessero che le “cose” hanno valore mentre le “idee” e quindi le persone no (cit: Baruch Lev).

Urge, ora, un cambiamento di paradigma. Bisogna iniziare a pensare che le società sportive devono essere viste come vere e proprie aziende che necessariamente – se vogliono perseguire risultati a medio / lungo termine – devono adoperarsi altresì in termini di cultura aziendale.
Le società sportive, quindi, devono essere considerate organizzazioni umane. In questi termini, così come tutte le società, se esse vogliono fare progressi non possono esimersi dal perseguire i loro obiettivi finali attraverso un insieme di valori, principi dettati da linee guida basate sull’investimento delle proprie “conoscenze”.

Vi sarete già chiesti come mai alcune società, anche sportive, hanno un valore di mercato nettamente superiore rispetto a quello che dovrebbe apparentemente essere generato.

Ebbene la risposta sta nella rappresentazione di tutte quelle risorse che costituiscono la fonte della differenza tra il valore di mercato e quello contabile di un’organizzazione e consentono alla stessa di generare un vantaggio competitivo nel tempo.

Queste società inseriscono, addirittura a bilancio, il loro “Capitale Intellettuale” formato da capitale umano (conoscenze), capitale organizzativo (modelli, brevetti, procedure) e capitale relazionale (immagine, reputazione, soddisfazione e fidelizzazione). Questi 3 asset, sommati, danno un tangibile riscontro in termini economici e quindi di creazione del “Valore”.

Cosa succede quando uno di questi 3 asset non è sufficientemente forte? Il valore complessivo cala.
È una spirale. Non si opera bene e si continua ad investire affinché queste debolezze scompaiano. È un po’ come se dicessimo: “lavoro per guadagnare tanto ma poi mi ammalo per farlo e allora spendo tutto in medicine per guarire”.

Ciò che ancora manca da noi è l’investimento, come scritto, nella cultura aziendale e quindi societaria. Investire in persone che portino “conoscenza” quale valore aggiunto e che lo facciano anche attraverso modelli comportamentali nuovi. Approcci diversi poiché la condivisione di prospettive dissimili porta sempre beneficio.

Ecco allora la presenza di un Mental coach o Psicologo sportivo nelle strutture societarie.
Presenza dovuta poiché è fortemente necessario allenare, oltre al fisico, la propria forza mentale. E con essa allenare gli stati d’animo. Questa è la differenza tra uno sportivo e un campione. Lo sportivo si ferma a due fattori: aspetto fisico e tecnica. Il campione va oltre: raggiunge quello del “viaggio introspettivo”.

 

 

 

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Mental Trainer

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